The Day The Music Died

The Day the Music Died è la frase diventata iconica con cui viene ricordato un disastro aereo accaduto nello Iowa il 3 febbraio 1959 ricavata dai versi di una canzone scritta nel 1971, dal cantautore Don McLean, intitolata American Pie. McLean usò l’incidente come metafora per descrivere il trauma della perdita dell’innocenza della generazione che aveva assistito alla nascita del rock and roll.

In quel giorno persero la vita tre popolari musicisti, ancor giovani ma già icone del rock and roll: Buddy Holly di 22 anni, Ritchie Valens di 17 e Big Bopper Richardson di 28.

Il Winter Dance Party dell’inverno 1959 era un tour di più gruppi musicali e cantanti solisti che prevedeva una serie di 24 concerti in altrettante città del Midwest da tenersi nell’arco di tre settimane – dal 23 gennaio al 15 febbraio. 

Le date erano state scelte con poca logica, e il tragitto complessivo era sostanzialmente uno zig zag tra Wisconsin, Michigan e Iowa e subito dopo la partenza del tour si scoprì che il pullman scelto per il trasporto dei musicisti e delle attrezzature si rompeva spesso e aveva grossi problemi all’impianto di riscaldamento e viaggiando nel Midwest dove l’inverno è davvero freddo, il problema era serio!

La sera del 2 Febbraio arrivarono al Surf Ballroom di Clear Lake, nello Iowa, dopo aver viaggiato per oltre 500 chilometri per una data che non faceva parte del del tour ma era stata inserita solo per occupare una serata rimasta scoperta. Il giorno successivo avrebbero dovuto suonare in Minnesota, e quello ancora successivo sarebbero dovuti tornare in Iowa. Buddy Holly, che non ce la faceva più, organizzò un volo charter, per lui e i suoi musicisti Waylon Jennings e Tommy Allsup (che avevano sostituito per quel tour il suo gruppo, i Crikets con i quali aveva litigato), che li portasse a Fargo, in North Dakota, molto vicino alla città del Minnesota dove avrebbero dovuto suonare.

“Sai che stai per partire, sai che è una bugia, perché quello sarà il giorno in cui morirò”, cantava Buddy Holly nel suo brano “That’ll Be the Day”. Nessuno avrebbe potuto immaginare che sarebbe accaduto così presto.

Big Bopper, che aveva avuto nei giorni precedenti una fastidiosa forma influenzale e i geloni, chiese a Waylon Jennings, se poteva cedergli il posto sull’aereo e Jennings acconsentì senza problemi. 

Quando Holly seppe che Jennings non avrebbe preso l’aereo gli augurò scherzosamente di congelare sul vecchio bus e il musicista, altrettanto scherzosamente, augurò a Holly che il suo aereo potesse schiantarsi.

Le parole dette per scherzo da Jennings lo condizionarono per tutta la vita parole per le quali non ha mai saputo darsi pace.

Jennings e Allsup continuarono il tour per altre due settimane, con Jennings come cantante. Sono stati pagati meno della metà dello stipendio originale concordato e, al ritorno a New York, Jennings ha messo la chitarra e l’amplificatore di Holly in un armadietto al Grand Central Terminal e ha spedito le chiavi a Maria Elena Holly. Poi tornò a Lubbock.

Per decenni in seguito, Jennings ha ripetutamente affermato di sentirsi responsabile dell’incidente che ha ucciso Holly. Questo senso di colpa ha accelerato la fine dell’abuso di sostanze per gran parte della sua carriera.

Ritchie Valens non aveva mai volato in un aereo da turismo prima di allora anzi aveva paura perchè quando era piccolo due aerei si scontrarono sopra la sua scuola e 5 dei suoi compagni morirono,  colpiti dai frammenti degli aerei. Essendo afflitto da geloni, chiese a Tommy Allsup di cedergli il posto. Allsup propose che dovessero lanciare una moneta, il lancio fu effettuato da un disc jockey alla sala da ballo alla fine dello spettacolo. Valens vinse il sorteggio e con esso il posto a sedere sull’aereo per quella notte.

Nel film La Bamba c’è un particolare scambio di battute tra i personaggi di Valens e Holly. Holly dice a Valens sull’aereo, riferendosi al fatto che loro ormai fossero due stelle del rock’n’roll: “Il cielo appartiene alle stelle”. E Valens, che non aveva mai volato prima in vita sua, aveva chiesto: “E le stelle non cadono, vero?

Anche a Dion DiMucci del gruppo Dion & The Belmonts (quarto nome in cartellone insieme a Holly, Big Bopper e Valens) fu offerto di prendere l’aereo, ma il musicista declinò l’invito poiché riteneva il prezzo del biglietto di 26 dollari troppo costoso.

Appena dopo l’una di notte del 3 febbraio il Beechcraft Bonanza decollò dall’aeroporto di Mason City pilotato dal 21enne Roger Peterson, che, nonostante la sua giovane età, aveva già una buona esperienza di volo. Nevicava e la visibilità era scarsa, e dopo il decollo l’aereo scomparve in fretta alla vista. Alle 3:30 del mattino dall’aeroporto Hector di Fargo in North Dakota comunicarono di non avere avuto mai contatti con il velivolo. Il proprietario della compagnia aerea che aveva organizzato il volo, molto preoccupato, la mattina alle 9, prese un altro aereo per seguirne la rotta, avvistandone i resti al suolo a otto chilometri di distanza sul terreno innevato in un campo coltivato a granoturco. 

L’inchiesta realizzata all’epoca accertò che il disastro aereo fu dovuto ad una combinazione di maltempo abbinato ad un errore del pilota.

Si scoprì poi che Peterson non era stato informato correttamente sul meteo, e soprattutto che non era pratico degli antiquati strumenti presenti su quell’aereo: probabilmente interpretò male i dati sull’altitudine, e mentre l’aereo si avvicinava al suolo pensava di guadagnare quota.

Nel 2015 la National Transportation Safety Board, ha acquisito nuovi, inquietanti elementi. Sembra che sul sedile del pilota sia stato trovato un foro provocato da un proiettile e che una pistola, presumibilmente di proprietà di Buddy Holly, giacesse nel campo dove si schiantò l’aereo, a poca distanza dal relitto. Dal tamburo dell’arma, inoltre, sarebbe mancato un proiettile. 

Dettagli molto simili furono già rivelati nel 1996 nel libro firmato da Ellis Amburn, la biografia non autorizzata Buddy Holly: a biography, in cui si raccontava di come la polizia dello Iowa, giunta sul luogo dell’incidente, trovò chiari segni di una colluttazione sulle pareti della cabina del piccolo aereo.

La tragedia della morte di Buddy Holly viene menzionata nel film “American Graffiti” e in un episodio della serie “X-Files”. Su Holly è stato girato inoltre il biopic “The Buddy Holly Story

Insieme ad altri musicisti come Johnny Cash, Chuck Berry e Bill Haley stava facendo quella che sarebbe stata ricordata come una delle più importanti rivoluzioni culturali della seconda metà del Novecento: stava inventando il rock and roll. Non era spavaldo e ancheggiante come Elvis ma profondo ed insicuro, magro e con gli occhiali!

Dopo la sua scomparsa, Holly ha continuato ad  influenzare la nuova scena musicale come pochi altri. Bob Dylan, Mick Jagger, Paul McCartney, Eric Clapton, Elton John, Joe Strummer e Elvis Costello lo hanno venerato come mito assoluto e si sono ispirati alla sua produzione.

Dall’altra parte dell’oceano, il giovane, insicuro e occhialuto, John Lennon prende Buddy Holly come punto di riferimento per seguire la sua passione musicale senza rinunciare a esternare i propri disagi e le proprie sconfitte.

Buddy Holly ebbe un’influenza importantissima sui Beatles. Sotto molto punti di vista.

The Crickets e The Quarrymen si formarono nello stesso anno (1957) e con gli inglesi che copiarono spudoratamente i loro coetanei texani. Questa adorazione dell’eroe si intensificò quando l’esibizione dei Crickets al London Palladium, fu trasmessa dalla TV britannica nel 1958. In effetti, la prima canzone registrata dai Beatles fu That’ll Be The Day.

Il nome “The Beatles” (gli scarafaggi) è un imitazione del nome del gruppo di Buddy Holly, “The Crickets“(i grilli). Paul e John erano alla ricerca di un nome che avesse un doppio significato. Crickets in texas sono i Grilli ma in Inghilterra è un gioco di squadra… allora cercarono anche loro un insetto Beetles che potesse richiamare la musica e sostituendo una “e” nacque il nome The Beatles.

Buddy Holly ha ispirato John Lennon e Paul McCartney a suonare, cantare e scrivere le proprie canzoni. Citando John Lennon: “Buddy Holly è stato il primo di cui eravamo consapevoli in Inghilterra che sapesse suonare e cantare allo stesso tempo – non solo strimpellare, ma effettivamente suonare”. Si presumere che Lennon si riferisse a Elvis Presley, che era più un cantante che un chitarrista. “Ho sentito Presley occasionalmente descrivere che “indossava la chitarra meglio di come la suonava”. Holly, al contrario, poteva fare entrambe le cose contemporaneamente. Ancora più importante, Holly ha scritto materiale originale, ispirando ulteriormente i Beatles a fare lo stesso.

Paul McCartney ha rivelato che è grazie a Buddy Holly che John Lennon si decise ad indossare gli occhiali. «Era cieco come un pipistrello, ma fin da ragazzo si vergognava a mettere gli occhiali. Solo quando vide che Buddy aveva successo si decise a portarli. Senza, non riusciva davvero a vedere nulla. Ricordo che una volta, sotto Natale, mi disse che vicino a casa sua c’era gente che giocava a carte nel giardino, al freddo, all’una di notte. Incuriosito, passai a dare un’occhiata, e vidi che era un presepe».

John registrò Peggy Sue di Holly nel suo album “Rock And Roll” del 1975. La prima canzone che imparò a suonare fu “That’ll Be The Day” di Holly.

Paul possedeva i gemelli che Holly indossava quando morì. Acquistò inoltre, il catalogo musicale di Buddy Holly e a partire dal 1976  organizzò una festa per il giorno della sua nascita, chiamata “Buddy Holly Week”.

Durante l’esistenza dei Quarrymen/Beatles, hanno suonato un totale di almeno 13 canzoni di Buddy Holly nei loro spettacoli dal vivo.

I Beatles registrarono per la prima volta “Crying, Waiting, Hoping” per la loro sfortunata audizione alla Decca il giorno di Capodanno del 1962.

Lo registrarono di nuovo il 16 luglio 1963 per il programma radiofonico Pop Goes the Beatles, la canzone è inclusa nell’album The Beatles: Live at the BBC.

I Beatles suonarono “Mailman, Bring Me No More Blues” nei loro spettacoli dal vivo dal 1961 al 1962, ma non lo registrarono mai fino al gennaio 1969, durante le sessioni di Get Back, la possiamo trovare in The Beatles Anthology 3.

I Beatles non registrarono mai “Maybe Baby” fino al gennaio 1969, quando lo suonarono durante le sessioni di Get Back.

Il lato A del singolo contenente “Mailman, Bring Me No More Blues” era “Words of Love“, che i Beatles inclusero nel loro album del 1964 Beatles for Sale .