Plantman – Whispering Trees

Io, un po’ Dorian Gray…

Non so quale sia esattamente la mia risposta addominale e neuronale ad alcuni tipi di sollecitazioni, mi rendo conto che tanto più mi voglio allontanare con forza da qualcosa con la mente, tanto più la mia pancia esercita una forza pari e contraria per farmi tornare dentro. Forse è una situazione comune a tante persone ma per quel che riguarda il mio caso, le mie ossessioni prendono il sopravvento su tutto ed irrazionalmente ecco che, immancabilmente imbocco il tunnel nel quale rimarrò per certo intrappolato a lungo e più fa male, più è buio e più è pieno di curve più io, incomincio ad abitarvi. Purtroppo o per fortuna, a volte purtroppo… è così per tutto e capita che in un certo periodo della mia vita, un determinato anno in un determinato giorno, arrivi inesorabilmente un disco, acquistato per essermi invaghito della copertina, a farmi crollare emotivamente, che riesce a gettarmi nella più completa e perfetta ascesi emozionale. Wispering Trees è la risposta a tutto, è l’insieme delle aggrovigliate emozioni, è le parole che non riesco a dire, è la sintesi dei miei pensieri, è il mio io riflesso nella sua musica, nelle sue parole… tutto quello che sono e che voglio essere ora è qui, racchiuso all’interno di queste 15 canzoni che sfiorano l’anima, accarezzano il cuore e rassicurano la mente. Cosa sia non lo so, ma ancora una volta la musica è la risposta a quello che vorrei esprimere a quel groviglio di pensieri, emozioni e sentimenti altrimenti senza sbocco alcuno, non è un disco liberatorio, è un disco che mi comprende, mi abbraccia e mi fa sentire in pace con il mio modo, non posso lasciarlo, mi tiene incatenato, in queste canzoni io ci sono, io esisto, fuori di queste sarei perduto. Forse, anzi certamente, l’intento iniziale di Matt Randall non era questo ma chi “spaccia” emozioni sa che chi è dall’altra parte poi coglie quello che lo colpisce di più e in questo disco io sto male ma sentire di stare male mi fa stare bene… ed è così, che dopo i primi tre accordi di Away With the Sun, ho già lo stomaco strizzato e fatco a deglutire e provo quella sensazione gratificante di non aver bisogno di spiegare niente a chi mi sta di fronte perchè sento che, anche senza parlare, mi ha già capito. Spirit Or Spell mi prende sotto braccio e mi porta in un bel parco dove il vento asciuga le lacrime, dove posso incominciare a respirare dove incomincio a realizzare di aver trovato conforto. Sto per proferire parola ma The Bitter Song lo fa per me perchè è la mia storia, perchè sta raccontando di me. Continuiamo a camminare e mi sento sollevato a poter emettere il primo respiro profondo grazie a Stickman, sorridere mi risulta complicato ma Whispering Trees mi mette addosso una certa euforia, di quelle che mi fanno anche compiere qualche goffo tentativo di muovere passi di una danza sconclusionata ma in un certo modo, liberatoria. You Wear the Crown mi riporta alla consapevolezza ed alla confusione, in quell’alternanza di coscienza ed incoscienza che mi è propria in questi momenti. Crackles mi rigetta nei miei vent’anni ed è un ricettacolo di ricordi confusi, di progetti iniziati e mai finiti, di momenti di vita passata vissuti con un impeto e un’incoscenza che rimpiango di aver smarrito col tempo. Così mi raggomitolo ancora con Doves Tail che traduce le occasioni perdute, quelle mancate, gli errori commessi, i dolori provati e le gioie vissute in un tremendo uppercut che mi lancia a terra, tramortito. Con Lunaria potrei trovarmi in ogni dove, in un qualsiasi momento della mia vita, Lunaria sono io, perso nelle centinaia di migliaia dei miei pensieri e delle mie emozioni che non trovano pace ed è proprio Old Ghosts (ironia della sorte) a rievocare tutti i fantasmi del passato e a far rivivere tutti gli errori compiuti e le situazioni irrisolte dalle quali non posso o forse non voglio uscire. May (Safe Hearts) è il riassunto di tutto quello che vorrei dire, è un mantra che mi tormenta,  rappresenta tutta la mia incapacità di spiegare tutte le mie sensazioni contrastanti, il mio bianco ed il mio nero senza essere in grado di tracciare la benchè minima sfumatura di grigio, pur pallida che possa essere. Come può un disco raccontare così di me? come può una canzone stravolgermi a tal punto come Sleep On a Cloud? La musica non mi da risposte, mi compenetra, mi rende quello che sono, è contemporaneamente il mio eso ed endo scheletro, è la mia pancia ed è il mio cervello, è l’aria che respiro, è la gioia che provo ed è il dolore che sento Widescreen Heart è il mio esatto riflesso. Mi sento un Dorian Gray del terzo millennio ma per mantenermi vivo non ho bisogno del mio ritratto ma della mia immagine che trovo riflessa nella musica. Vini è il cuore che batte, è la paura, è l’ansia, è l’adrenalina che sale, è il desiderio di poter raggiungere qualcosa di straordinario ma sapere che non potrà essere, è rabbia, è frustrazione, è disperazione ma è anche ciò che è giusto fare ma so per certo che non riuscirò mai a razionalizzarlo… è come la pancia fuoriuscisse dal mio corpo. Melodica Forest è rassegnazione, è consolazione, è presa di coscienza… è la cosa giusta, è la strada che ho scelto verso la pace… ma è anche la fine del disco e so che dopo la fine c’è di nuovo l’inizio ed ecco che ricomincia tutto daccapo e Away With the Sun è già al suo terzo accordo, ed allora tutto ricomincia e non avrò forse mai pace o almeno fino a quando non troverò un altro disco nel quale perdermi, nel quale cercarmi, nel quale ritrovarmi, nel quale chiudermi in un abbraccio così intimo che non ho assolutamente più intenzione di sciogliere.